Uno schiaffone in mondovisione, in bilico fra il gelo, il riso e l’incredulità di noi tutti. Sentimenti contrastanti che, a ridosso dell’inqualificabile atto compiuto da Will Smith alla cerimonia degli Oscars 2022, mi fanno riflettere un po’ sardonicamente su quanto avvenuto e sui riferimenti storico-televisivi che mi si sono palesati nella mente in quegli istanti a dir poco surreali.
Il collegamento non è del tutto immediato quanto invece arbitrario, tuttavia chi può vantare una buona memoria e una certa cultura rispetto al fenomeno denominato trash (specie per quanto concerne il contesto televisivo nostrano) potrebbe aver identificato nella rissa verbale fra Antonio Zequila e Adriano Pappalardo (accaduta in quel di Domenica In nel 2006) un imprevedibile link con lo scenario che ha visto ieri protagonista l’ex Principe di Bel Air.
Volendoci scherzare su, si potrebbe dire che il capolavoro di Smith non sta tanto nella rielaborazione della fonte primaria, laddove il “keep my wife’s name out of your fuckin mouth” riprende a suo modo il già lirico “non toccare mia madre mai piuuu”, ma nell’effettivo superamento dell’abbaiare Zequiliano mediante il gesto tecnico non più potenziale ma finemente concretizzato.
Il colpo sferrato a Rock rivela in un attimo tutta l’ipocrisia di Smith, oltre che il suo falso perbenismo, proprio nella serata della sua consacrazione tanto agognata. Dopo maldestri tentativi di vincere o farsi candidare coi suoi Oscars-movie del passato recente, questo attore-predicatore dei buoni sentimenti non riesce per paradosso a tenere la maschera proprio nell’unica occasione in cui avrebbe dovuto.
Miracolato dall’annata favorevole per via di avversari poco credibili ad ostacolarlo nella corsa alla statuetta, decide inopinatamente di creare ex-novo il suo storico Oscar moment (perché di questo ci ricorderemo, non della vittoria) e di farlo nel modo meno prevedibile.
L’atto, a tutti gli effetti ingiustificato e di natura violenta, squalifica del tutto la sua immagine e rende ridicoli i patetici piagnistei e moralismi di tanti suoi personaggi, questi scelti peraltro sempre con dovizia come a voler suggellare questo immaginario fatto di mani tese e guance pórte.
Rock ha fatto una battuta, è il suo mestiere, e va notato che Smith ci ha anche riso per un po’ (magari per riflesso condizionato, ma tant’è), segno ulteriore dell’ipocrisia più totale.
Non pago, quando si poi si rende conto della figura barbina irreparabile, da neo-vincitore inscena un altro teatrino e un altro piagnisteo prendendosi un’infinità di tempo, tempo che Ryusuke Hamaguchi o tanti altri (vedasi i premi “secondari”) non hanno avuto. Inqualificabile.